UN PERRO HA MUERTO  (UN CANE È MORTO) di Pablo Neruda

 
 
            Neruda sentado junto al perro ‘Nyon’. / M. URRUTIA (FUNDACIÓN PABLO NERUDA)
 
 
 
Pablo Neruda (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), adorava i cani e ne scrisse più volte.
 
Nel corso degli anni Calbuco, Cutaca, Donegal, Panda, Niebla, Chu-Tuh e Nyon hanno vissuto con lui.
Egli ha sicuramente amato la loro compagnia, la loro libertà, il loro carattere, la loro simpatia e dedizione.
 
Qui riporto una straordinaria poesia sulla morte di un cane… Pablo Neruda sa che non c’è addio a un cane morto.
 
UN PERRO HA MUERTO
 
Mi perro ha muerto.
Lo enterré en el jardín
junto a una máquina oxidada.
 
Allí, no más abajo,
ni más arriba,
se juntará conmigo alguna vez.
 
Ahora él ya se fue con su pelaje.
su mala educación, su nariz fría.
 
Y yo, materialista que no cree
en el celeste cielo prometido
para ningún humano,
para este perro o para todo perro
creo en el cielo, sí, creo en un cielo
donde yo no entraré, pero él me espera
ondulando su cola de abanico
para que yo al llegar tenga amistades.
 
Ay no diré la tristeza en la tierra
de no tenerlo más por compañero,
que para mí jamás fue un servidor.
 
Tuvo hacia mí la amistad de un erizo
que conservaba su soberanía,
la amistad de una estrella independiente
sin más intimidad que la precisa,
sin exageraciones:
no se trepaba en mi vestuario
llenándome de pelos o de sarna,
no se frotaba contra mi rodilla
como otros perros obsesos sexuales.
No, mi perro me miraba
dándome la atención que necesito,
la atención necesaria
para hacer comprender a un vanidoso
que siendo perro él,
con esos ojos, más puros que los míos,
perdía el tiempo, pero me miraba
con la mirada que me reservó
toda su dulce, su peluda vida,
su silenciosa vida,
cerca de mí, sin molestare nunca,
y sin pedirme nada.
 
Ay cuántas veces quise tener cola
andando junto a él por las orillas
del mar, en el invierno de Isla Negra,
en la gran soledad: arriba el aire
traspasado de pájaros glaciales,
y mi perro brincando, hirsuto, lleno
de voltaje marino en movimiento:
mi perro vagabundo y olfatorio
enarbolando su cola dorada
frente a frente al Océano y su espuma.
 
Alegre, alegre, alegre
como los perros saben ser felices,
sin nada más, con el absolutismo
de la naturaleza descarada.
 
No hay adiós a mi perro que se ha muerto.
Y no hay ni hubo mentira entre nosotros.
 
Ya se fue y lo enterré, y eso era todo.
 
 
 
You need to read this beautiful Pablo Neruda dog poem
 
 
 
UN CANE È MORTO
 
Il mio cane è morto.
L’ho sotterrato in giardino,
vicino a una vecchia macchina arrugginita.
 
Lì, non più sotto
ne più sopra
si unirà con me un giorno.
 
Ora egli ormai se n’è andato col suo pelame,
la sua cattiva educazione, il naso freddo.
 
E io, materialista che non crede nel celeste cielo promesso
per nessun essere umano,
per questo e per ogni cane
credo nel cielo,
si,
credo in un cielo dove non entrerò,
ma lui m’attende
ondeggiando la coda come un ventaglio
perchè io giungendo abbia amici.
 
Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più come compagno
che mai per me è stato un servitore.
Ebbe per me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senz’altra intimità
che quella necessaria,
senza esagerazioni,
non s’arrampicava sui miei vestiti
riempiendoli di peli o di rogna,
non si strusciava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessi sessuali.
No,
il mio cane mi guardava
prestandomi l’attenzione di cui ho bisogno
l’attenzione necessaria
per far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui
con quegli occhi,
più puri dei miei,
perdeva il tempo,
ma mi guardava con lo sguardo
che mi riservò
per tutta la sua dolce,
la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me
senza seccarmi mai,
e senza chiedermi nulla.
 
Ahi quante volte ho voluto avere coda
camminando vicino a lui
lungo le rive del mare,
nell’Inverno di Isla Negra,
nella gran solitudine: in alto l’aria trafitta d’uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, pieno
di tensione marina in movimento:
il mio cane vagabondo e olfattivo
inalberando la sua coda dorata
faccia a faccia all’Oceano
e alla sua schiuma.
Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro,
con l’assolutismo
della natura sfacciata.
 
Non v’è addio per il mio cane ch’è morto.
E non v’è ne vi fu menzogna fra di noi.
 
Se n’è andato ormai, e l’ho sepolto, e questo era tutto.
 
 
 
(tratto da Pablo Neruda – Obras Completas, Editorial Losada, Buenos Aires 1973, traduzione di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli)
 
 
 
 
Vicla Sgaravatti
Medico Veterinario
via Rembrandt 38- Milano
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