NAPOLEONE BONAPARTE E I CANI

La storia di Fortunè, il carlino che tenne testa a Napoleone Bonaparte - Il  carlino a modo mio

Il 5 maggio ricorre l’anniversario della morte di Napoleone Bonaparte avvenuta nel 1821.

Per l’occasione Alessandro Manzoni compose la celeberrima poesia che inizia così:

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie’ mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.

Si sa che Napoleone preferisse di gran lunga i cavalli agli altri animali domestici e si narra che per i gatti, nutrisse una vera e propria fobia, anche se non è dimostrato.

Il suo rapporto con i cani fu senz’altro influenzato da quello avuto con la cagnetta Fortunè, carlino di proprietà della prima moglie Giuseppina Beauharnais.

Nel luglio 1793, il primo marito di Giuseppina fu accusato di essere un cospiratore e nel marzo 1794 fu incarcerato nella prigione dei Carmelitani. Il 21 aprile seguente venne raggiunto da Rose (primo nome di Giuseppina), denunciata da una lettera anonima. Venne incarcerata nella stessa cella con Madame Tussaud, l’ideatrice del museo delle cere vicino a Baker Street. Si racconta che solo il suo carlino Fortunè avesse il permesso di farle visita, e che il cagnetto venisse utilizzato per portare alla sua famiglia messaggi segreti nascosti nel suo collare.

Si dice che Napoleone non fosse particolarmente amante di questo cane, descritto come brutto, un po’ bastardo, lungo nel corpo e basso nella gamba, color ruggine, con il muso nero e la coda riccia. Pare che la predilezione di Giuseppina per il suo cane invece portò ad un litigio con Napoleone durante la loro prima notte di nozze. Il carlino, che detestava l’imperatore, gli impediva ostinatamente l’ingresso nella stanza della moglie. Era così viziato e impertinente da impedire a chiunque di entrare nella camera da letto della padrona. Alla fine Napoleone fu ammesso, dopo aver subito vari morsi sulle gambe, ma dovette comunque dividere il talamo nuziale con il tremendo cagnetto.

Nel volume “La vie intime dʹune reine de France au XVII siècle” di Louis Battifol, viene ricordata una conversazione che il Generale ebbe con Antoine-Vincent Arnault, in merito al cane della consorte che dormiva sdraiato sul sofà:
“Era il padrone assoluto del letto di Madame, quando la sposai chiesi, inutilmente, di allontanarlo, ma mi dissero che avrei dovuto scegliere una diversa sistemazione o accettarlo. Quindi, sebbene contrariato, non ebbi scelta: si trattava di prendere o lasciare. Il diletto cane di Madame fu meno accomodante e porto ancora i segni del suo disappunto sulla mia gamba.”
Bonaparte portò rancore per alcuni mesi al carlino ma poi scrisse alla sua consorte di dare “un milione di baci anche a Fortunè, nonostante la sua cattiveria”.

Purtroppo la piccola carlina Fortuné ebbe una morte drammatica, fu uccisa dal grosso bulldog inglese del cuoco, mentre giocava nel giardino della Villa settecentesca Pusterla-Crivelli-Arconati situata a Mombello, (frazione di Limbiate in Provincia di Monza e della Brianza), preferita da Napoleone alla Reggia di Monza come suo quartiere generale.
Giuseppina si disperò così tanto che ne volle prendere subito un altro, una femmina, alla quale diede lo stesso nome. Era così attaccata alla nuova Fortuné che, in occasione di una malattia della cagnolina, in assenza della categoria professionale dei Medici Veterinari per piccoli animali (a quell’epoca io non ero ancora disponibile…), si rivolse al dottor Pietro Moscati (il più celebrare medico chirurgo di Milano, oltre che scienziato, cattedratico, astronomo) per assisterla, pur con tutti i limiti che quella scelta comportava. Questo episodio portò Moscati sotto le attenzioni di Napoleone, che lo insignì di alcune delle più alte cariche pubbliche e onorarie nominandolo conte e affidandogli la sua salute e quella di Giuseppina diventando loro medico personale.
La nuova arrivata era molto tranquilla nelle sue abitudini, dormiva nella camera dell’imperatrice tranquillamente su una sedia vicina al letto..

Quando Napoleone e Giuseppina si separarono, Fortunè seguì la sua cara padrona.
Fu il grande amore che provava per Giuseppina a fargli comunque accettare la presenza dei suoi cani , scendendo a compromessi, compromessi che, pare, non accettò con la seconda moglie, Maria Luisa d’Austria, alla quale impose di allontanare, almeno quando era nei paraggi della sua camera da letto, gli adorati volpini, anch’essi cresciuti nell’oro e nei vizi.

Moustache, un barbone nero randagio che si accodò ad un suo reggimento e non andò più via ebbe il merito di fare apprezzare i cani a Napoleone.

Moustache era nato in una fattoria nel settembre del 1799 e venne ceduto a 6 mesi a un droghiere di Caen. Si ritiene che fosse mal tenuto, perché vagabondando fu attratto dalla musica militare della 40a Compagnia di Granatieri della guarnigione e la seguì scodinzolando fin dentro la caserma. I soldati lo adottarono, lo chiamarono Moustache (Baffuto) per via dei lunghi peli del muso e gli insegnarono a riportare gli oggetti, ad alzarsi sulle zampe posteriori, a fare la guardia e a partecipare perfettamente al passo alle manovre a fianco dei suoi “commilitoni”, incurante del suono di trombe e tamburi. Aveva un grande olfatto e poteva trovare chiunque annusando qualcosa di suo. Si dice avesse addirittura imparato a portare la zampa all’orecchio, tipo saluto militare!

Nel 1800 seguì la brigata nella Campagna d’Italia arrivando ad Alessandria dove le truppe si acquartierarono. Il 13 giugno, Moustache svegliò l’accampamento abbaiando con veemenza. Erano gli austriaci che si stavano infiltrando nel campo, ma i francesi li respinsero. Moustache non aveva solo abbaiato ma aveva anche attaccato, tanto da rimanere leggermente ferito a una coscia da un colpo di baionetta.

In seguito a questi fatti, il colonnello François Marie Guillaume Legendre di Harvesse lo fece curare, tosare, registrare sul libro paga del reggimento – sotto forma delle stesse razioni di cibo di un granatiere – e dotare di un collare con una targhetta riportante nome e reparto di appartenenza. Insomma, era stato arruolato ufficialmente.

Il 14 giugno, ci fu la battaglia di Marengo e Moustache nonostante la ferita era lì, al fianco del portabandiera. Improvvisamente un grande mastino tedesco dell’esercito austriaco (a dimostrazione che allora anche i cani di altri eserciti erano presenti nelle battaglie) attaccò un soldato ma Moustache intervenne coraggiosamente lottando col cane. I soldati francesi intervennero uccidendo il mastino – e pure lui si era comportato eroicamente – con una fucilata, ma ferendo con un’altra lo stesso Moustache, che ebbe un orecchio perforato e una ferita di striscio alla schiena.

Il cane combatté anche in altre battaglie. Il 2 dicembre, alla battaglia di Austerlitz, il portabandiera del suo reggimento si trovò circondato e Moustache intervenne, ma non riuscì a salvarlo e allora si gettò sulla bandiera ringhiando e proteggendola (si suppone proteggendo però il soldato a cui era affezionato…).L’esplosione di una granata eliminò i nemici. Anche Moustache era stato ferito a una zampa, tuttavia afferrò fra i denti la bandiera portandola fra i suoi soldati. Purtroppo la zampa la si dovette amputare.

Dopo questa incredibile azione, il generale Jean Lannes ordinò che un nastro rosso fosse messo al suo collo con una piccola medaglia di rame recante su una parte la scritta: Hai perso una gamba nella battaglia di Austerlitz e hai salvato la bandiera del tuo reggimento, e nell’altra Moustache, cane francese: è ovunque rispettato e amato come un coraggioso.

Persino Napoleone Bonaparte volle conoscere questo prode a quattro – anzi, ormai tre – zampe.

Nonostante la menomazione continuò a seguire l’esercito nelle battaglie e nel 1808 si trovò in Spagna, combattendo l’anno successivo nella battaglia di Sierra Morena. Nel 1810, Moustache, che ormai aveva undici anni, divenne ufficialmente un cane veterano della Grande Armée. Il 26 gennaio 1811 il suo reggimento arrivò a Badajoz per assediare la città.

Ma l’11 marzo 1811, a 12 anni, Moustache fu ucciso da un proiettile spagnolo appena poco prima che la fortezza si arrendesse.

Grande fu il dispiacere dei soldati francesi. Lo seppellirono sul campo di battaglia, con la sua medaglia e il suo nastro. Su una pietra venne inciso Qui riposa il coraggioso Moustache.

Nel 1814, per ordine delle autorità spagnole, la tomba fu distrutta e le sue ossa bruciate.

L’11 marzo 2006 è stata posta una lapide in ricordo di Moustache nel cimitero dei cani di Asnières-sur-Seine.

Dopo aver conosciuto Moustache, la simpatia di Napoleone si rivolse ai cani “di strada”, a quelli nati senza una famiglia e una casa sicura, capaci di gesti eroici e commoventi.

La leggenda racconta che fu un terranova nero a salvare la vita a Napoleone Bonaparte in fuga dall’Elba. Il cane rimase in mare con l’imperatore, sorreggendolo nella tempesta, fino all’arrivo dei soccorsi.

Il conte Emmanuel de Las Cases visse per più di un anno a stretto contatto con l’Imperatore sull'”aspra roccia” di Sant’Elena. Nel suo famoso “Memoriale di Sant’Elena” riporta le conversazioni riguardo la sua esistenza movimentata, ricca di eventi sia drammatici che lieti….e tra i vari racconti c’era anche un episodio particolare.

Durante la campagna d’Italia, già generale, a soli ventisette anni, al comando dell’Armata d’Italia, Napoleone Bonaparte si fa le ossa di condottiero con le sue strepitose vittorie militari. Non specifica né il luogo dove si svolgono i fatti di cui narra, né il tempo; si sa solo che nel corso di un giorno imprecisato si è combattuto aspramente, lui ha vinto e ci sono molti caduti sul terreno, dell’una e dell’altra parte dei belligeranti.
Durante la notte, accompagnato da alcuni uomini dello Stato maggiore, egli percorre a piedi il campo di battaglia desolatamente disseminato di corpi morti con ovunque sangue.
Del desolato scenario ricorda: “C’era un bel chiaro di luna ed era profonda la solitudine della notte. Ad un tratto un cane sbuca di sotto il mantello di un cadavere, si slancia verso di noi, e ritorna subito nel suo nascondiglio emettendo dolorosi guaiti. La bestiola leccava, convulsamente la faccia del morto, e si dirigeva poi di nuovo verso di noi come per implorare soccorso, o per chiedere vendetta.
Fosse lo stato d’animo o il luogo o il tempo o il fatto stesso, o altro che non so spiegare, certo è che mai nulla, in nessun altro campo di battaglia, mi ha tanto commosso. Mi fermai un momento per apprezzare quella scena. Quest’uomo, mi dicevo, forse ha degli amici, ne ha forse in questo campo, nella sua compagnia, e giace qui, abbandonato da tutti meno che dal suo cane! Che lezione ci dà la natura tramite un animale!…”.

“Che cosa è mai l’uomo e quale è il mistero delle sue impressioni! Avevo, senza commuovermi ordinato battaglie che dovevano decidere sulla sorte dell’esercito, avevo veduto, con occhio distaccato, eseguire movimenti che portavano alla perdita di molti tra noi e ora mi sentivo toccato nel profondo”

alcune notizie tratte da k9uominiecani.

Vicla Sgaravatti

Medico Veterinario

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