16 AGOSTO SAN ROCCO DI MONTPELLIER PROTETTORE DEI CANI

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San Rocco colpito dalla peste,1559 Il Tintoretto, chiesa di San Rocco- Venezia

A Montpellier, nella Gallia Narbonese, tra le famiglie più in vista per ricchezza e integrità di costumi c’era la famiglia Rog;.
L’ultimo discendente Giovanni, e sua moglie Liberia, nel 1295, già maturi coniugi, ebbero un bimbo, Rocco.
Il bambino venne educato ed istruito dai migliori insegnanti del tempo, mentre i genitori curarono la crescita del suo spirito. In quel figlio tanto desiderato, i genitori profusero tutte le loro ricchezze morali e spirituali. Morirono quando Rocco aveva circa vent’anni.

La sete di assoluto, di infinito, che nulla riesce ad appagare se non Dio pervadeva il giovane Rocco; perciò divenne terziario francescano, impegnandosi a vivere i voti di povertà, castità, obbedienza. Senza esitazioni distribuì tutte le sue sostanze ai poveri e lasciò a uno zio paterno i beni di cui non poté disfarsi subito, la dignità, i privilegi.
Povero e sconosciuto, Rocco divenne pellegrino di Dio.

Rocco iniziò la sua avventura spirituale avviandosi verso Roma, passando attraverso la Liguria e la Toscana; e lo si ricorda presente ad Acquapendente in quell’ospedale dove si prese cura degli appestati compiendovi molti miracoli.

Per comprendere la grandezza dell’opera di San Rocco a favore degli appestati e quali atroci sofferenze dovrà a sua volta patire quando il morbo lo colpirà presso Piacenza riporto una descrizione del morbo “Il corpo brucia in una febbre altissima ed è riarso da una sete divorante e insaziabile. L’occhio si intorpidisce, la voce si fa rauca e il respiro diventa difficoltoso. Un continuo vomito scuote il malato in conati atroci. La pelle si annerisce e diventa viscida emettendo da tutti i pori un fetore insopportabile. L’appestato muore tra indescrivibili convulsioni”

Rocco si recò nelle città colpite dal morbo e, spinto da sentimenti di compassione, chiese di essere ammesso al servizio dei malati.
Rocco iniziò così la sua nuova attività di infermiere.
Egli, da campione di Dio, non combatte con mezzi umani il male, ma con la potenza della fede e dell’amore; e il Signore gli concederà il dono di guarire gli ammalati che egli segnerà sulla fronte benedicendoli con una particolare formula.
Rocco esce dall’ospedale e va per i fondaci, per le strade, per le case già segnate dalla morte; tutti avvicina e tutti guariscono.
Quando la gente, scomparsa la peste, va in cerca di Rocco per portarlo in trionfo, lui scompare, si avvia verso altri paesi infestati dal terribile morbo. Giunge anche a Roma; vi resta tre anni ma, giuntagli notizia che nel nord Italia dilaga di nuovo l’epidemia, lascia la Città Eterna per andare a prestare soccorso ai suoi fratelli appestati, il suo operato si concentra a Piacenza, città particolarmente colpita.

Mentre presta servizio in un ospedale a Piacenza, in sogno gli compare un angelo che, in nome di Dio, gli dice:”Rocco, per amor mio hai patito tanti disagi… Ora dovrai soffrire i tormenti e gli strazi del corpo”.
Rocco si sveglia divorato dalla febbre: è appestato. Ricoverato in ospedale attende la morte; ma i giorni passano, la morte non sopraggiunge e le sofferenze aumentano. Gli altri malati, guariti da Rocco, non sopportano più la sua presenza; allora egli lascia l’ospedale.
Con il timore di contagiare altre persone, San Rocco pensò di isolarsi nella foresta, respinto dal popolo che prima egli aveva guarito.
Si rifugia in un rudere abbandonato, vicino ad una sorgente; senza mezzi di sostentamento.
Qui venne raggiunto da un cagnolino, il quale gli leccava le ferite e gli portava, ogni giorno, un pezzo di pane che prendeva dalla tavola del suo padrone.

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Gli uomini trattano Rocco “come un cane”, ed è proprio un cane che riscatta la categoria trattando Rocco “come un uomo”.
Il cane in questione (che la tradizione vuole si chiamasse “Reste”, da Oreste) fa parte della muta del nobile Gottardo Pallastrelli, signore del castello di Sarmato.
Un giorno Gottardo vede il suo cane prendere un pane dalla tavola e scappar via. La scena si ripete per più giorni e allora il padrone, incuriosito, lo segue e scopre così il rifugio di Rocco al quale, malato e sofferente, il cane porta il pane rubato. Il nobiluomo prende Rocco con sé e lo cura. La santità di Rocco è contagiosa come la peste: Gottardo rinuncia ai suoi beni e presta il suo servizio ai malati. Gottardo è il primo “discepolo” di San Rocco.

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Parmigianino, San Rocco e un donatore (1527)

Rocco, guarito miracolosamente, opera ancora per qualche tempo in Piacenza, e poi riprende il suo cammino teso a sollevare altre sofferenze: risalendo verso nord. giunto presso Angera, è arrestato col sospetto di essere una spia e rinchiuso nella fortezza della Rocca.
Vi trascorre cinque terribili anni, in un’unione sempre più profonda con quel Dio che da sempre cercava.

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San Rocco in carcere, Guido Reni, Modena, Galleria Estense

Lo straordinario comportamento di dolcezza, di preghiera, di umiltà, varcò le cupe mura del carcere, diffondendo nei paesi circostanti la convinzione che quel prigioniero fosse un santo.
Nel momento della morte nel 1327 tutte le campane della città iniziano da sole a suonare a distesa: è questo l’ultimo prodigio.
I miracoli che avvengono sulla sua misera tomba suscitano l’interrogativo circa le origini di questo pellegrino e ben presto viene riconosciuta la sua appartenenza alla nobiltà di Montpellier.

In occasione del Concilio di Costanza (1414) scoppia un’improvvisa ed eccezionale pestilenza che getta nello sgomento vescovi, imperatore, principi, teologi; si decide di sospendere il Concilio per dare a tutti la possibilità di salvarsi; qualcuno però suggerisce di ricorrere all’intercessione di San Rocco: si comincia ad invocare il pellegrino francese.

File:San Rocco Venezia (Interno) - San Rocco risana gli animali.jpg
San Rocco risana gli animali, Il Tintoretto, Chiesa di San Rocco, Venezia

San Rocco nutrito da un cane

San Rocco nutrito da un cane, Giovanni Antonio de’ detto Pordenone, 1534, Bergamo Accademia Carrara

Il cane è uno degli attributi iconografici di San Rocco, protettore degli appestati.
Si racconta che Reste fosse di piccole dimensioni e avesse un manto di colore bianco.
Proprio per questo cagnolino, San Rocco è riconosciuto come il patrono dei cani.

In quasi tutti i comuni d’Irpinia esiste una statua o un culto di San Rocco. Questo personaggio affascina tutti, per la sua tipicità, il suo abbigliamento, la piaga vicino alla sua gamba, e soprattutto per quel cagnolino che l’accompagna in ogni sua immagine.

Il cane di San Rocco a Grottaminarda ha una particolarità: per esigenze di culto è asportabile. Viene momentaneamente tolto quando avviene la vestizione del Santo in occasione della sua festa: il noto Festone grottese.
I giovani grottesi hanno un rapporto particolare con il cane di San Rocco. Quasi tutti si avvicinano a questo animale per parlarci, giocarci e, quando ancora si poteva farlo, per accarezzarlo.
Infatti, qualcuno diceva che portava bene accarezzarlo e fino all’ultimo restauro della statua nel 2018 il cane era particolarmente usurato per le troppe carezze.

il cane di San Rocco

Inoltre in onore di Reste, il cane di San Rocco, nel 1962, Camogli, in provincia di Genova, nella frazione san Rocco, è stato istituito il “Premio internazionale fedeltà del cane”, un riconoscimento che viene concesso ai cani che si sono distinti per comportamento verso il proprio padrone o gli altri esseri umani. Nel 2019 il premio fu consegnato ai cani del Ponte Morandi.

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Imparare con la Storia: 34 La peste del 1348

San Rocco visita gli appestati di Jacopo Bassano. Pinacoteca di Brera, Milano

San Rocco si apre un varco tra edifici diroccati disposti in un’infilata prospettica diagonale. Lo scenario architettonico è desolante. Sembra di trovarsi ai margini del centro urbano, all’aperto, per strada, forse per la scelta di ghettizzare i malati e tenerli lontani dalle persone non contagiate.
Sullo sfondo due donne assistono una concittadina accasciata a terra all’esterno di una costruzione ellittica, anch’essa in rovina, che ricorda vagamente la Basilica palladiana.
In primo piano, specularmente al santo, un giovane appestato coperto solo da un perizoma azzurro e atteggiato come un san Sebastiano alla colonna, viene sostenuto da due soccorritori, uno giovane vestito di tutto punto ed uno più anziano, ed è invitato a unirsi al gruppo dei malati sdraiati su quello che pare il sagrato di un tempio o di una chiesa crollata, introdotta da un plinto diroccato.
San Rocco, col suo berretto a larghe falde, il bordone, il corto sanrocchino che porta disegnate le due chiavi incrociate di san Pietro a significare che è pellegrino romeo, con una coscia scoperta su cui si intravede una piaga della peste che lo ha infettato e con il fedele cane che lo soccorrerà nel bisogno estremo, entra in scena da sinistra con passo sicuro e benedice un bimbo morente, sorretto da un uomo vestito all’orientale, così premurosamente accasciato su di lui da far supporre che sia il padre.

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Il cane è l’attributo iconografico di numerosi santi: San Cristoforo, San Domenico di Guzman, San Bernardo d’Aosta, Sant’Egidio, San Vito, San Lazzaro e soprattutto San Rocco.

Vicla Sgaravatti
Medico Veterinario
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Solo per appuntamento
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