GIORNO DELL’AMORE, DELLA SPERANZA E DEL CORAGGIO

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Oggi, 14 gennaio, in Giappone ricorre il “Giorno dell’amore, della speranza e del coraggio”.

Questa giornata era stata istituita per celebrare i due cani, Taro e Jiro, in memoria del loro ritrovamento, avvenuto appunto il 14 gennaio 1959, dopo quasi un anno dal loro abbandono nella base al Polo Sud

La loro storia era stata raccontata nel film Antarctica, di cui vi ho già parlato, e nel remake disneyano 8 amici da salvare.

Taro e Jiro erano due cani da slitta di razza Sakhalin Husky, fratelli della stessa cucciolata nati nell’ottobre del 1955 a Wakkanai, nell’estremità nord occidentale dell’isola di Hokkaido, nella parte più settentrionale del Giappone. Il loro nome fa riferimento a due laghi situati ai piedi del monte Oakan.

Nel 1956 in Giappone si pensò di utilizzare dei Sakhalin Husky (in Giappone conosciuti con il nome di Karafuto-Ken) come cani da slitta per un gruppo di spedizione al Polo Sud.  Si iniziarono a cercare animali adatti da addestrare. Dei circa mille cani di questa razza presenti in Hokkaidō  vennero selezionati 23, tra cui anche Taro, Jiro, e il loro fratello Saburo oltre al padre Kuma. Saburo purtroppo morì durante il periodo di addestramento, pertanto rimasero 22 cani.

Questa razza  non è riconosciuta dalla federazione internazionale cinofila ma solo dalla Russia e dal Giappone. Oramai se ne vedono pochi esemplari in giro, e solamente nei paesi di montagna; la razza è considerata estinta con la morte dell’ultimo allevatore russo, Sergey Lyubykh, nel 2012. Già prima della sua morte non esistevano soggetti che permettessero la continuità della razza.

Nel novembre 1956 i membri della spedizione assieme ai 22 cani lasciarono la Baia di Tōkyō a bordo della nave rompighiaccio Sōya e partirono per il Polo Sud. Dato che i Sakhalin Husky soffrono molto il caldo, nella nave venne creata un’apposita cella con un sistema di condizionamento, per permettere agli animali di sopravvivere al passaggio dell’Equatore. Tre cani si ammalarono ugualmente, e furono riportati in Giappone.

La nave raggiunse il Polo Sud nel 1957 e il gruppo si stabilì presso la Base Shōwa con i19 cani rimasti, che  vennero impiegati nel traino delle slitte. Gli animali furono scelti per trascorrere un anno al Polo. Durante quel periodo, altri 2 cani morirono di malattia, e 1 risultò disperso. Il numero degli animali presenti scese a 16. ci fu però una femmina, Shiroko, che partorì 8 piccoli, figli di Jiro.

Nel febbraio 1958 la nave fece ritorno al Polo Sud, con un secondo gruppo di spedizione per sostituire i membri rimasti alla base. Per le condizioni climatiche proibitive, la nave non poté avvicinarsi a sufficienza alla base, e i membri della prima spedizione dovettero raggiungere la nave usando piccole motoslitte. Soltanto Shiroko e i suoi piccoli vennero trasportati alla nave, togliendo ai carichi delle motoslitte strumenti ed equipaggiamenti equivalenti al loro peso, mentre gli altri 15 cani vennero lasciati alla base, legati alle catene, con l’intenzione di prenderli in un secondo tempo.

La nave attese fino all’ultimo momento utile che le condizioni del tempo migliorassero, ma il pericolo di incidenti sul ghiaccio era alto, e si decise quindi di bloccare la seconda spedizione antartica. Non ci fu nulla da fare per i 15 cani rimasti incatenati alla base, e i membri della spedizione furono duramente criticati per la scelta di abbandonarli al loro destino.

Nel luglio del 1958, quando la nave tornò in Giappone, a Sakai, Ōsaka, venne eretto un monumeto per ricordarli.

Il 14 gennaio 1959 giunse alla Base una terza spedizione, a bordo di un elicottero, e dal cielo gli uomini videro due cani correre nei pressi della base. C’era anche Kitamura, uno dei membri della prima spedizione incaricato della cura dei cani, e i due animali lo fronteggiarono sospettosi. Kitamura si avvicinò e accarezzandoli sulla testa li chiamò coi nomi dei 15 cani che erano stati lasciati indietro, e i due animali reagirono scodinzolando ai nomi “Taro” e “Jiro”.

Sette cani ancora legati alle catene vennero trovati dov’erano stati lasciati l’anno precedente, morti assiderati o di fame. Otto erano riusciti a liberarsi, e di questi soltanto Taro e Jiro furono ritrovati. Degli altri sei si persero le tracce.
Alla base non c’erano resti di cibo per cani o tracce di episodi di cannibalismo, i corpi dei cani morti non erano stati toccati, si suppose quindi che per sopravvivere i due animali avessero imparato a cacciare foche e pinguini. La congettura venne poi confermata quando la terza spedizione e Kitamura videro coi propri occhi i cani dare la caccia ai pinguini. Per essere stati in grado di rompere la catena e sopravvivere, furono definiti animali di eccezionale tempra.

In Giappone la storia del loro ritrovamento ebbe un forte impatto, commovendo moltissime persone. Venne pure composta una canzone su di loro, inoltre l’Associazione Giapponese per la Tutela degli Animali fece erigere un monumento commemorativo dei 15 cani nei pressi della Tōkyō Tower ad opera dello scultore Andō Takeshi, lo stesso che aveva scolpito nel 1948 la statua di Hachikō il Cane Fedele. In seguito il monumento è stato spostato all’Istituto Nazionale di Ricerca Polare.

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Anche a Sakai, província de Osaka, fu eretto un monumento per ricordare i quindici cani della spedizione, chiamato Karafuto-ken Ireizō

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In diverse zone del Giappone vennero eretti numerosi altri monumenti per ricordare il sacrificio di quei cani, a Wakkanai e a Fuji Hiroba, vicino al Porto di Nagoya, a Aichi Nagoya (qui sotto),

Japón recuerda a Taro y Jiro, los perros que sobrevivieron en la Antártida  - International Press - Noticias de Japón en español

Sia Taro che Jiro rimasero con la terza spedizione, e poi con la quarta, nella Base Shōwa, fino al 1960.

Il 9 luglio 1960 Jiro morì di malattia, a cinque anni. Alla sua morte il suo corpo venne riportato in Giappone dove  venne imbalsamato ed è ora custodito nel Museo Nazionale della Natura e delle Scienze a Ueno, Tōkyō.

Taro invece sopravvisse e fece ritorno in Giappone il 4 maggio 1961 con i membri della quarta spedizione. Dal 1961 al 1970 Taro rimase a Sapporo, nell’Università dell’Hokkaidō. L’11 agosto 1970, a 14 anni e 7 mesi, Taro morì di vecchiaia, e il suo corpo imbalsamato è conservato nel Museo dei Tesori Nazionali all’ Università Hokkaidō, a Sapporo.

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Ci fu un grande dibattito in tutto il Giappone sulla decisione di abbandonare i cani nella base ormai in piena tormenta, ed è per questo che in Giappone venne proclamato il 14 Gennaio “Il giorno di Taro e Jiro” soprannominato anche “Il giorno dell’amore, della speranza e del coraggio“ in memoria dei due cani sopravvissuti.

Fu pure coniata una moneta commemorativa.

Vicla Sgaravatti
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